venerdì 4 gennaio 2013

L’avventura







La netta sensazione di seguire con un lieve ritardo ogni movimento del corpo, per poi ricongiungermi a lui quando si arresta, questa sensazione di seguire…a meno che non mi lascio espressamente trasportare, o non accompagno volontariamente lo spostarsi di membra che, come nuova esperienza, vengono usati.

“Dove sto andando? Fermati! Torna qui. Aspetta che ti raggiungo.” Impossibile realizzare cosa o chi stia parlando a chi o a cosa. Frastornato. Decisamente “fuori di me”.

Riprovo.

“Non così veloce, ti ho di nuovo perso. Vediamo di farlo insieme.”

“Un passo, lentamente. Un altro passo, lentamente. Alza il braccio. No, non quello! Quell’altro.”

Di nuovo in sintonia, ma stavolta rendendomene conto.

Di novo in sintonia, sapendolo e gioendo per questo accordo tra il vero me e … me.

Di nuovo in sintonia, come dopo l’annebbiamento che seguiva una di quelle sbronze colossali con il gigante buono. Quel gigante che rideva, malgrado il suo cuore fosse colmo di dolori, di paure, di risentimento per quella mortale burla di un irrispettoso falso amore.

Il pensiero ora presente sull’affanno di chi paga anche con l’anima per uscire dalla sintonia, per poi star male quando tornano… di nuovo in questa. Che abbiano ragione a soffrire di uno stato considerato normale?

È bello sentirsi regnare in tutti i sensi sul proprio essere. Prendere posto in sala comandi e dirigere, o meglio assistere un traffico che si muove in modo automatico.

Bello questo regno incontrastato.

Anche se a tratti una breve disattenzione lo porta fuori dal mio controllo, riesco subito ad essere di nuovo in sintonia, dirigo, osservo, godo.

Godo di quel vuoto, che improvvisamente torna ad essere riempito dalla dolce presenza che mi ha accompagnato nella breve eternità di una notte.

“No, ti sbagli, non sto coprendo il vuoto: io sono il vuoto. È nel vuoto che trovi le cose più belle e più grandi, altrimenti non ci sarebbe spazio a sufficienza, non avresti la possibilità di entrarci, non saresti libero dei bagagli pesanti che ti ostini a portarti appresso”.

“Ma …un attimo fa non c’eri!?”

“Non dire che non c’ero. Eri tu che stavi riempiendo “il vuoto” con cose ancora più vuote, con il tuo pensiero della sintonia. Eri tu che mi schiacciavi ora sotto la difficoltà di un passo, ora dietro un seppur dolce ricordo di quei due occhi grigi, che portavano a spasso un angelo attorno a loro… oppure ancora dietro illusioni di mondi sintetici, che appartengono a quell’altra illusione che chiami naturale…”

Improvvisamente allibito, meravigliato davanti ad un gigantesco punto di domanda scolpito in una ruvida roccia.

Cerco di abbracciare quell’enorme sfera che galleggia davanti a me, e che tiene sospeso imponente il completamento della sua rappresentazione.

Solitamente è la risposta che non si sa, per questo si chiede, Ma qui invece è la domanda stessa che assume una sproporzione tale da oscurare tutte le altre domande, anzi, quasi sembra pronta ad abbattersi inesorabile su qualsiasi risposta, per schiacciarla nella sua inutilità.

Non resta che abbracciarla.

Quella enorme sfera non si lascia abbracciare, ma forse sono le mie braccia troppo corte per far questo.

“Perché non riesco?”

“Perché stai partendo dal punto che credi sia te, se invece quel punto lo centri dentrodi te, vedi in modo diverso tutto ciò che ora credi di avere attorno.

Non sono le tue braccia a doverla abbracciare, bensì la tua mente.

Se continui a guardare così, in avanti, avrai sempre un dietro nel lato opposto, perderesti la visione sul sopra e sul sotto. Lascia che tutto entri in te, e sì che lo hai anche già scritto che non si può dire se dentro sia dentro o se sia fuori… o chissà dove…

A volte mi preoccupi. Sembra che hai afferrato le cose e poi torni ad esprimerti come se non le avessi capite. Lo sai benissimo che non esiste nessun luogo e nessun tempo.”

Come fiamma di un cannello cui chiudi la valvola, mi ritiro da quella euforia invisibile ma potente, e mi ritrovo misera fiammella azzurra arancio in balia di ogni piccolo, misero soffio.

“Dobbiamo andare nel cuore?” – sussurro timido pensando al caldo rifugio di quel sentimento d’amore, che colora gli istanti di piacevoli toni pastello.

“Non puoi chiedermi di andare nel cuore, ci siamo già. Se lasci che tutto entri in te, sei ovunque in qualsiasi istante.”

Ma io sono pur sempre umano, uso ancora un metro ed un orologio, ho una madre, una sorella e una nipote… un fratello con la sua amata moglie. Sono in questo luogo in questo adesso, forse la mia mente non è ancora pronta per realizzare, per partorire certe idee…

“È il mio Qui ed il mio Ora…” – ribadisco – “…mi spiace. Tu hai esperienza di questo miomondo? Sei già stato umano?”

“La mia risposta cambierebbe la tua opinione? Cambierebbe la tua prossima domanda?”

In un vortice, quasi un sibilo, quel gigantesco punto di domanda rotea su se stesso e si disgrega, lasciando morbidamente cadere al suolo molti altri punti di domanda. Volteggiano, simili a vuoti tutù di velo grigio, come frutti di tarassaco che non hanno fretta di trovare il luogo adatto, dove depositarsi in attesa che cresca, vigorosa, una nuova giusta domanda.

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