venerdì 4 gennaio 2013

Pena







Ancora scivolo. Una ennesima volta lungo quella rotondità inasprita dal rifiorire di quegli steli recisi che non vogliono morire, ma anzi rafforzati or anche grigi si ergono.

Giù, a tracciar la via per il dolore a seguire. Giù sino al limite ultimo, a dondolare leggermente indeciso su come sparire. E quando sto per decidere di rimanere è proprio quando sopraggiungo diverso emule.

E il mio peso aumenta. Mi rigonfio a riflettere di più quel riflesso che sottosopra appare.

Scaccio quel peso che precipita senza portare il dolore a sparire con se. Lo lascia lì, in quella scia che scende dalla rotondità, rotta solo da alcuni immobili ostacoli. Una scia che par di lumaca la traccia, ma che evapora con tutto il tempo che trova su quella vecchia pelle.

Dentro tutto cerca di muoversi nell’ovatta della comodità usuale, ma ogni movimento stride, arrossa, come un meccanismo non lubrificato, che si surriscalda e manda l’anomala fiamma al perno, alle pulegge e alle catene, dove tutto, a sua volta, secca a portare avanti quella stupida anomalia.

Per l’urgenza, a bloccare il dilagare di quella spiacevole sensazione stacco alcune spine. Spengo gli interruttori come a spegnere l’audio inadatto di una video…

Va meglio.

… O almeno l’ho creduto…

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